La storia del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco

L'unità d'Italia trovò, in materia di servizio antincendio, una situazione varia: ai pochi Corpi pompieristici locali a carattere volontario e limitati alle circoscrizioni comunali, facevano riscontro vaste zone, addirittura intere regioni, completamente prive di qualsiasi difesa organizzata contro il fuoco. I pompieri comunali, erano ancora organizzati con concezioni e ordinamenti antiquati e tutto il complesso antincendio italiano appariva anacronistico, insufficiente, mal distribuito, alla mercé dei mezzi e delle tradizioni locali. Pochissimi Corpi, solo quelli fra alcune delle grandi città come Roma, Torino, Milano e Napoli, potevano rispondere alle esigenze di un'efficace difesa antincendio.

Occorrerà arrivare al 1935 prima che il problema venga riconosciuto in Italia, ma bisognerà attendere il Regio Decreto del 27 febbraio 1939 perché il Corpo pompieri assuma la denominazione di Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Suo creatore fu il prefetto Alberto Giombini, che con l'apporto di comandanti e ufficiali, mise in piedi un'organizzazione al passo coi tempi e di grande efficienza.

Con la legge del 27 dicembre 1941 fu ribadito che il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco era posto alle dirette dipendenze del ministero dell'Interno, vennero specificati i compiti e dettate le norme circa gli oneri facenti carico alle amministrazioni provinciali, le quali erano tenute a fornire i locali per le caserme, gli alloggi di servizio per gli ufficiali e il personale per i servizi amministrativi e contabili dei Corpi provinciali.

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